Le Distrofie Miotoniche sono caratterizzate da una alterazione di un processo biologico chiamato “splicing alternativo”, che porta all’espressione di isoforme di proteine diverse da quelle che si possono trovare nei soggetti sani.
Sin dalla scoperta del meccanismo patogenetico della DM1 e della DM2, da subito si è capita l’importanza di questi splicing sia nello sviluppo della patologia, ma anche nel monitoraggio dell’andamento della stessa. L’utilizzo degli splicing alternativi come “biomarcatori” è stato anche usato nel recente trial clinico effettuato dalla casa farmaceutica IONIS nei pazienti DM1. In questo trial clinico i pazienti hanno dovuto dare il consenso per lo svolgimento di numerose biopsie muscolari per monitorare gli splicing alternativi durante il trattamento farmacologico. Per questo motivo negli ultimi anni numerosi gruppi di ricerca hanno focalizzato i loro studi sull’identificazione di nuovi biomarcatori, meno invasivi, che possano essere utilizzati per monitorare il decorso della malattia sia in assenza che in presenza di un trattamento farmacologico.
Recentemente è stato pubblicato un lavoro dal gruppo di Thurman Wheeler sulla prestigiosa rivista internazionale Nature Communications dal titolo “Analysis of extracellular m RNA in human urine reveals splice variant biomarkers of muscular dystrophies”. In questo lavoro gli Autori hanno analizzato gli eventi di splicing di RNA presenti nelle urine dei pazienti affetti da Distrofia Miotonica. I risultati hanno mostrato che nelle urine dei pazienti DM1 sono presenti 10 splicing alternativi alterati rispetto ai soggetti di controllo. Alcuni di questi splicing alterati sono stati trovati anche in un piccolo gruppo di pazienti affetti da distrofia miotonica di tipo 2, confermando la validità dei dati ottenuti.
E’ di particolare interesse il fatto che le alterazioni osservate nelle urine dei pazienti DM correlano in maniera diretta con la gravità dei sintomi nella DM1, riuscendo a discriminare fra i pazienti asintomatici e quelli sintomatici. Inoltre, nei pazienti DM1, lo splicing alterato osservato nelle urine riesce a discriminare anche i pazienti che sono maggiormente compromessi a livello della muscolatura distale rispetto a quelli meno compromessi, e fra quelli che hanno miotonia clinica evidente e quelli in cui invece questo sintomo è assente.
Tutti questi dati sembrano indicare che gli splicing alternativi presenti nelle urine dei pazienti DM possono essere utilizzati come biomarcatori dello sviluppo della malattia, rappresentando un’alternativa non invasiva al monitoraggio degli effetti farmacologici durante i trial clinici. Al seguente link è possibile trovare il testo completo dell’articolo: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6156576/pdf/41467_2018_Article_6206.pdf