Cos’è la sindrome di Andersen-Tawil
La Sindrome di Andersen-Tawil (ATS) è una patologia genetica estremamente rara, che colpisce i canali del potassio. Questa condizione si manifesta attraverso una triade di sintomi che coinvolgono il sistema cardiaco, muscolare e scheletrico.
I sintomi e le peculiarità morfologiche della sindrome di Andersen-Tawil
A livello cardiaco, la ATS si caratterizza per un prolungamento dell’intervallo QT e gravi aritmie ventricolari, che possono risultare fatali. Sul fronte muscolare, i pazienti sperimentano episodi ricorrenti di debolezza muscolare tipica delle paralisi periodiche, scatenati da fluttuazioni nei livelli di potassio nel sangue. Infine, la sindrome si accompagna a peculiari alterazioni morfologiche o dismorfismi facciali, tra cui:
- Ipertelorismo (aumento della distanza tra gli occhi)
- Orecchie posizionate più in basso del normale
- Ipoplasia mandibolare (sviluppo incompleto della mandibola)
- Clinodattilia (curvatura anomala di una o più dita)
Le cause della sindrome di Andersen-Tawil
La Sindrome di Andersen-Tawil è causata da mutazioni nel gene KCNJ2, che codifica per la subunità alfa di Kir2.1, un componente della famiglia dei canali del potassio a rettificazione interna.
Questa sindrome è stata la prima malattia umana attribuita a mutazioni nei canali Kir. Fino ad oggi, sono state identificate oltre 30 diverse mutazioni nel gene KCNJ2.
La diagnosi della sindrome di Andersen-Tawil
Tale sindrome, come tutte le forme di paralisi periodiche, è difficile da diagnosticare poiché, trattandosi di malattia rara, spesso i medici non specialisti del settore hanno difficoltà a riconoscerla. Pertanto, è auspicabile che il paziente si rivolga ad un neurologo esperto di malattie neuromuscolari, per avviare l’iter degli esami specialistici.
Nella sindrome di Andersen-Tawil occorre prestare attenzione alla presenza di anomalie craniofacciali e scheletriche.
Presa in carico del paziente affetto da malattia di Andersen-Tawil
La gestione del paziente affetto da ATS richiede un approccio multidisciplinare, con particolare attenzione alle complicanze cardiache:
- Valutare l’impianto di un defibrillatore, data la possibile evoluzione in cardiomiopatia aritmogena.
- Evitare l’attività fisica, anche leggera, e l’assunzione di carboidrati in caso di paralisi associata a iperkaliemia.
- In presenza di ipokaliemia durante gli attacchi, somministrare potassio orale (1 mEq/kg, max 200 mEq ogni 12 ore) fino a normalizzazione dei livelli ematici.
- Monitorare regolarmente i livelli di potassio e l’attività cardiaca tramite ECG.
- Effettuare un Holter-ECG delle 72 ore su base annuale.
- Considerare l’uso di acetazolamide per prevenire gli episodi di paralisi.
Queste linee guida si aggiungono alle raccomandazioni generali valide per tutte le forme di paralisi periodica.