Sarah e David non avevano mai sentito parlare di distrofia miotonica finché la loro piccola Zoé non è nata con la forma congenita della malattia.
“Zoé non poteva succhiare”, ricorda Sarah. “Non piangeva davvero e aveva un basso tono muscolare”. Fortunatamente Zoé fu in grado di respirare da sola, a differenza di molti bambini con la forma congenita, ma trascorse due settimane nell’unità di terapia intensiva neonatale e per un pò fu nutrita con un sondino.
“In ospedale Zoè fu vista da un gruppo di neurologi che rapidamente sospettarono che si trattasse di distrofia miotonica di tipo 1(DM1)” ricorda David. “Poiché la forma congenita è generalmente ereditata da una madre che ha la DM1, anche se i suoi sintomi sono minimi, i medici, visitando Sara, le riscontrarono la miotonia cioè un ritardo nel rilassare i muscoli dopo l’uso, che è una tipica caratteristica della forma adulta di DM1”.
Alla fine i test genetici sul sangue di Sarah e su quello di diversi membri della famiglia (che vivono in Francia) confermarono che aveva la DM1 ad insorgenza in età adulta con sintomi minimi, così come suo padre, due zii e un cugino. A suo fratello, che aveva 19 anni quando nacque Zoé, fu riscontrata la forma giovanile di DM1, i cui problemi principali sono spesso cognitivi e psicosociali.
La diagnosi arrivò come una consolazione per il fratello di Sarah, che finalmente ebbe una spiegazione a molti dei problemi con cui aveva lottato per tutta la vita.
Dice Sara “Mio fratello ha avuto problemi di apprendimento da sempre. Si addormentava in classe e dicevano che era pigro. Pensavano che avesse la sindrome di Asperger, perché molte persone con la distrofia miotonica hanno comportamenti di tipo autistico”. La diagnosi di Zoé fu una rivelazione e lui stesso pensò: “Oh, almeno c’è un nome per i disturbi che ho”.
La cosa più importante è che al fratello di Sara furono riscontrati problemi cardiaci in precedenza non riconosciuti, relativi alla sua patologia, e recentemente gli è stato impiantato un pacemaker.
Oggi Zoé è una ragazza attiva e impegnata. Oltre al programma scolastico, viene seguita a scuola in modo specifico e continua la terapia fisica e del linguaggio. Inoltre, partecipa all’ippoterapia, un approccio terapeutico che utilizza i movimenti caratteristici di un cavallo, solitamente attraverso l’equitazione, per fornire una terapia motoria e sensoriale.