Ad oggi, la morte cardiaca improvvisa è ancora una delle maggiori cause di morte nei pazienti affetti da Distrofia Miotonica. Per questo motivo, negli ultimi anni, nel Laboratorio di Istopatologia Muscolare e Biologia Molecolare dell’IRCCS Policlinico San Donato sono stati effettuati diversi studi volti alla ricerca di biomarcatori ad alta sensibilità che possano permettere l’identificazione precoce dei pazienti a rischio cardiaco e che possano essere utilizzati per lo sviluppo di terapie specifiche.
In questo scenario, è stato recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers in Neurology un lavoro sostenuto dalla Fondazione Malattie Miotoniche e coordinato dalle Dott.sse Francesca Bosé e Rosanna Cardani, dal titolo “TNNT2 missplicing in skeletal muscle as a cardiac biomarker in myotonic dystrophy type 1 but not in myotonic dystrophy type 2”.
In questo lavoro gli autori hanno voluto indagare in maniera approfondita il significato biologico della presenza della Troponina T Cardiaca nel muscolo scheletrico. Infatti, da studi precedenti è emerso che nel muscolo scheletrico di pazienti DM è presente RNA messaggero codificante per una proteina normalmente espressa nel cuore, la troponina cardiaca T (cTnT). Questa proteina, sia nel cuore che nel muscolo scheletrico, nei pazienti DM subisce un’alterazione che porta ad una maggiore espressione della sua isoforma fetale. Obiettivo di questo studio è stato quindi quello di valutare se la presenza dell’isoforma fetale della troponina T cardiaca nel muscolo scheletrico fosse secondaria alle alterazioni miopatiche o potesse riflettere il fenotipo cardiaco dei pazienti DM.
Gli autori hanno quindi preso in considerazione sia pazienti DM1 e DM2 che non presentavano complicazioni cardiache, che pazienti che invece manifestavano già cardiopatie a diversi livelli.
L’analisi dei risultati ha mostrato che nel muscolo scheletrico l’alterazione dello splicing alternativo della cTNT è molto più evidente nei pazienti DM1 rispetto ai pazienti DM2. Questa alterazione non sembra essere dovuta ad una diversa compromissione del muscolo scheletrico, che infatti è simile in entrambe le patologie. Gli autori ipotizzano quindi che la maggiore alterazione dello splicing della troponina cardiaca osservata nei pazienti DM1 non sia dipendente dal muscolo scheletrico stesso, ma in generale sembra riflettere la compromissione più severa a livello multisistemico nei pazienti DM1 rispetto ai DM2.
A conferma di questa ipotesi, è stato infatti osservato che l’alterazione dello splicing alternativo della troponina cardiaca correla significativamente con il parametro cardiaco QRS esclusivamente nei pazienti DM1.
In conclusione, grazie ai risultati ottenuti in questo studio, è stato osservato che l’alterazione dello splicing alternativo della troponina T cardiaca potrebbe essere utilizzato quale biomarcatore della compromissione sistemica nei pazienti DM1, e potrebbe essere utilizzato nei trial clinici per monitorare i possibili effetti terapeutici nel muscolo scheletrico.
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