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Distrofia Miotonica di Tipo 1 (DM1)

La Distrofia Miotonica di tipo 1 (DM1) è una malattia neuromuscolare genetica caratterizzata da una debolezza progressiva causata da una  degenerazione delle fibre muscolari accompagnata da rigidità e difficoltà di rilasciamento muscolare (miotonia).

La DM1 è ereditaria, definita autosomica dominante, cioè un genitore malato ha il 50% di probabilità di trasmetterla ad ogni figlio.  

Tra le due forme di distrofie miotoniche esistenti, è conosciuta anche come Malattia di Steinert dal medico tedesco che l’ha descritta nel 1909.

Si tratta di una malattia multisistemica perchè interessa anche altri organi, oltre ai muscoli, come il cuore, l’apparato digerente, il sistema endocrino, gli occhi, l’apparato respiratorio, il sistema nervo centrale.

La DM1 è la forma di distrofia muscolare più comune nell’adulto e si presenta con una frequenza circa di 1 soggetto affetto su 8000 nati sani.

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Sintomi

La DM1, a differenza della DM2, dovrebbe essere sospettata in chiunque presenti in modo evidente almeno tre dei seguenti sintomi:

  • Ptosi palpebrale: abbassamento di una o entrambi le palpebre superiori rispetto alla norma.

  • Debolezza distale, principalmente delle dita e dei flessori lunghi del polso, senza contratture con tipica distribuzione.

  • Miotonia o “rigidità” dei muscoli.

  • Cataratta presenile, specie quella policromatica.

Può esservi sospetto di DM1 quando, oltre a presentarsi uno dei sintomi descritti prima, vi è una storia familiare in cui sono stati riscontrati alcuni di questi aspetti:

  • Difetti di conduzione atrio-ventricolari (80% dei casi).

  • Sindrome dell’intestino irritabile (IBS) o enzimi epatici elevati.

  • Calcoli biliari in giovane età.

  • Recupero prolungato o arresto respiratorio dopo un anestetico, somministrato per via generale.

  • Insulino-resistenza o diabete.

  • Ipogonadismo ipogonadotropo.

  • Sonnolenza diurna eccessiva (EDS).

  • Lieve difficoltà di apprendimento.

  • Sindrome deficitaria frontale.

  • Disturbi della personalità.

  • Ritardo mentale nei bambini.

  • Ipercatabolismo IgG.

  • Calvizia frontale.

Per la diagnosi di sospetta di distrofia miotonica di tipo 1 (DM1) è indispensabile in primo luogo una visita neurologica.

Lo specialista, a seconda dei sintomi espressi dal malato e dei segni riscontrati durante la visita, ai fini diagnostici, prescriverà una indagine genetica specifica di biologia molecolare.

Diagnosi

La diagnosi certa di Distrofia Miotonica di tipo 1 si effettua tramite test genetici molecolari, su campione ematico (raccolto in provetta EDTA).

La dimostrazione di un’espansione patologica su campioni di altri tessuti non dovrebbe essere considerata a fini diagnostici. La sensibilità e specificità delle analisi PCR (polymerase chain reaction), valida fino a 180 triplette, e Southern blot, per espansioni maggiori, sono prossime al 100%.

Sono considerati affetti da DM1 i soggetti portatori di un numero di triplette CTG superiore a 50 nel gene DMPK. Un numero di triplette compreso tra 35 e 49 è considerato una condizione di “pre-mutazione”. I soggetti portatori di premutazioni non sviluppano la patologia ma, in ragione del già citato fenomeno di anticipazione, esiste un rischio significativo di sviluppo di DM1 tra la prole. Tale evenienza deve quindi essere discussa in corso di counseling genetico. Un numero di triplette CTG inferiore a 35 è considerato un risultato negativo ed esclude la possibilità che il soggetto sia affetto da DM1.

L’amplificazione del numero di triplette CTG, in particolare quando superiore a 400, è instabile, ossia tende a variare da cellula madre e cellula figlia al momento della divisione mitotica, determinando una condizione di mosaicismo. Tale instabilità é meno pronunciata nei leucociti del sangue periferico rispetto ai tessuti, quali per esempio il muscolo scheletrico dove il numero di ripetizioni può essere da 2 a più di 10 volte superiore. Inoltre, la dimensione dell’espansione può modificarsi con l’età del soggetto; non esiste d’altra parte indicazione a ripetere l’analisi genetica, una volta che questa sia risultata positiva.

Nonostante esista una chiara correlazione tra dimensione dell’espansione di triplette CTG e gravità del quadro clinico, questo dato di per sé non permette di formulare alcuna prognosi precisa in un soggetto affetto.

Di fronte a una diagnosi di DM1, l’entourage familiare del soggetto affetto dovrebbe essere informato della possibilità di altri casi al suo interno, nel contesto di un counseling genetico appropriato. La DM1 è una patologia a trasmissione autosomica dominante a penetranza pressoché completa, ossia vi è un rischio del 50% di trasmissione della patologia da un soggetto affetto alla prole. Si è già detto dell’esistenza di un fenomeno di anticipazione: tale aspetto è particolarmente rilevante nel caso di una donna in età fertile che riceva una diagnosi di DM1, in ragione del rischio di di  distrofia miotonica congenita-CDM tra la prole. Per ragioni ad oggi poco note, tale rischio è minimo nel caso di soggetti maschi affetti.

Oltre a confermare formalmente la diagnosi, i dati molecolari sono un elemento fondamentale di un adeguato counseling genetico.

Cause

La DM1 è causata da una anomalia del gene DMPK (distrofia miotonica proteina chinasi) presente sul cromosoma 19q13.3: normalmente infatti in questo gene è presente una sequenza CTG che può ripetersi dalle 5 alle 37 volte nei soggetti sani, mentre nei pazienti DM1 il numero di ripetizioni o triplette aumenta fino ad arrivare anche a diverse migliaia.”.

Numerosi studi condotti su un largo numero di pazienti DM1 hanno mostrato che vi è una correlazione fra il numero delle triplette e la gravità dei sintomi osservati nel paziente. Il numero delle ripetizioni varia da paziente a paziente e anche all’interno dello stesso individuo ci può essere una variabilità tra i diversi tessuti. In genere maggiore è il numero delle ripetizioni, più gravi e precoci sono le manifestazioni cliniche della malattia.

All’interno della stessa famiglia il numero di ripetizioni può aumentare dalla madre al figlio con conseguente maggior gravità della malattia nella discendenza. Questo fenomeno viene chiamato “anticipazione genetica”.

Forme Cliniche

Nella Distrofia Miotonica di tipo 1, ad oggi sono state descritte 5 forme (o fenotipi): la forma congenita, infantile, giovanile, adulta e tardiva.

La suddivisione dipende dall’età di insorgenza dei sintomi e si può correlare con il grado di espansione della tripletta CTG.

  • La distrofia miotonica congenita (CDM) è descritta come la forma più grave di DM1 ed è associata ad una espansione maggiore di 1000 ripetizioni CTG. I pazienti affetti da questo fenotipo di DM1 spesso presentano sintomi prima della nascita quali i ridotti movimenti fetali. Alla nascita accusano invece ipotonia, debolezza generalizzata e problemi respiratori, che costituiscono la principale causa di decesso per i bambini affetti da CDM. Durante la crescita si assiste ad un miglioramento delle capacità motorie e i bambini acquisiscono la capacità di camminare. I pazienti presentano anche ritardo cognitivo e difficoltà di apprendimento legati ad alterazioni di sviluppo del sistema nervoso centrale presenti fin dalla nascita. Le altre caratteristiche fenotipiche della DM1, quali la miopatia, si sviluppano nei pazienti che raggiungono l’età adulta.

  • La forma infantile è difficilmente diagnosticabile in bambini ed adolescenti per via della aspecificità dei sintomi, poco comuni per una distrofia muscolare: questa forma di DM1, infatti, è caratterizzata per lo più da problemi cognitivi e di apprendimento, mentre i sintomi propri della distrofia miotonica si manifestano nell’età adulta. Questo fenotipo di DM1 può essere causato da espansioni costituite da 50 a 1000 ripetizioni CTG.

  • Anche la forma giovanile, il cui esordio avviene intorno agli 11 anni, è spesso difficilmente riconosciuta a causa dei sintomi poco caratteristici per una distrofia muscolare. I pazienti infatti sono spesso caratterizzati esclusivamente da difficoltà nell’apprendimento e nella socializzazione. Questo fenotipo di DM1 può essere causato da espansioni costituite da 50 a 1000 ripetizioni CTG.

  • La forma adulta, invece, è caratterizzata da debolezza muscolare generalizzata, facile affaticabilità e dolore muscolare. E’ stato inoltre osservato che il coinvolgimento della muscolatura è evidente soprattutto nei distretti distali, quali mani, avambracci, muscoli distali delle gambe e piedi, e nei muscoli mimici del volto, con riduzione dei movimenti dell’espressione del viso e abbassamento delle palpebre (ptosi). I soggetti adulti possono sviluppare anche cataratta in età inferiore ai 50 anni, disfunzioni del sistema gastrointestinale e di quello cardiocircolatorio quali cardiomiopatie, problemi alle arterie coronariche, valvulopatie e fibrillazione atriale. Infine, i pazienti affetti dalla forma adulta di DM1 possono sviluppare disfunzioni endocrine quali insulino-resistenza, con conseguente aumento del rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2. Anche questo fenotipo di DM1 può essere causato da espansioni costituite da 50 a 1000 ripetizioni CTG.

  • Infine, la forma di distrofia miotonica tardiva è invece per lo più asintomatica e spesso la malattia viene diagnosticata solo se sono presenti altri casi di DM1 in famiglia. Questa forma di DM1 è generalmente associata ad un’espansione costituita da 50 a 100 ripetizioni CTG.

Cure e terapie

Seppur non esista una cura definitiva, diverse terapie possono limitare i dolori muscolari e rallentare la debolezza muscolare con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei pazienti con distrofia miotonica di tipo 1. Vediamone alcune:
  • utilizzo di farmaci antifiammatori non stereoidei. Evitare gli oppiacei. La terapia antidolorifica deve essere sempre concordata con il medico di base o lo specialista;
  • terapie integrate: fisioterapia, terapia fisica e occupazionale;
  • utilizzo di supporti come tutori per gli arti inferiori, collo ortopedico per sostenere il capo, occhiali con supporti per la ptosi palpebrale, ventilazione non invasiva;
  • esercizi fisici di tipo moderato che portano benefici al livello di forza e funzione muscolare.

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