La rivista Nature Communications ha pubblicato in questi giorni i risultati di una ricerca internazionale condotta dall’Università di Strasburgo a cui ha collaborato anche il prof. Meola con il supporto della Fondazione Malattie Miotoniche, individuando il meccanismo che spiega il quadro clinico più lieve della distrofia miotonica di tipo 2 rispetto a quella di tipo1. Qui puoi vedere l’articolo completo.
In particolare è stato evidenziato che la proteina rbFOX1 si lega maggiormente alla tetrapletta CCUG RNA, implicata nella distrofia miotonica di tipo 2 (DM2) rispetto alla tripletta CUG RNA implicata nella distrofia miotonica di tipo 1, competendo con un fattore di splicing MBNL1 e permettendo la liberazione parziale della sopraddetta tetrapletta dai foci CCUG nelle cellule muscolari DM2.
Nel modello animale della drosofila della DM2, utiizzato in questa ricerca, si è osservata una correzione dello splicing di diverse proteine (implicate nella compromissione multisistemica della malattia) con il recupero della atrofia muscolare e dei difetti locomotori.
Questo importante risultato è un notevole contributo nel campo delle distrofie miotoniche poiché spiega il fenotipo clinico più lieve, che si osserva nei pazienti affetti da DM2, rispetto alla più grave Distrofia Miotonica di tipo 1, conosciuta anche come malattia di Steinert, nella speranza che si possano trasferire questi risultati dal modello animale a quello umano.